La condizione di benessere, secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (1948), è data da “uno stato di completo
benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di
malattia o di infermità".
Per il perseguimento del benessere,
non è solo necessaria una adeguata crescita personale, ed il raggiungimento di
buone capacità relazionali, ma anche la costruzione di un rapporto armonico tra
la persona e l’ambiente. In altre parole, anche le caratteristiche
dell’ambiente e dei luoghi in cui si vive e si opera contribuiscono al
mantenimento della salute fisica e mentale.
Sulla base di tali premesse è nato in
Italia negli anni ’70 un approccio psicologico che prende il nome di
“Psicologia ambientale”. La nascita e la diffusione di questo nuovo modo di
concettualizzare gli spazi di “vita” delle persone si devono al lavoro dell’architetto
italiano Giancarlo De Carlo, noto, tra le altre cose, per essere stato il primo
a coinvolgere gli utenti nella fase di progettazione delle strutture a lui
commissionate.
La Psicologia Ambientale si occupa, quindi, di studiare il comportamento dell’individuo in relazione all’ambiente
socio-fisico in cui opera (Handbook, 1987). In questa ottica l’ambiente è sia
insieme di caratteristiche fisiche che dimensione sociale. L’uomo inteso come
essere “agentico”, concetto espresso da Albert Bandura, è un individuo capace di
modellare i propri spazi di vita e “progettato” per farsi a sua volta
influenzare da questi. L’essere agentico di cui parla Bandura è infatti il
risultato della inscindibile triade persona, comportamenti e ambiente di vita
(sarebbe meglio parlare di ambienti di vita), costantemente influenzato dalla
persona ma anche altamente condizionante.
Nel mondo occidentale, per fattori
connessi a questioni culturali, economiche, sociali, le persone trascorrono la
maggior parte del loro tempo all’interno di ambienti, spesso chiusi, che ne
influenzano la realtà interna, facendo riferimento a tutto ciò che ha a che
fare con aspetti legati agli affetti, alla cognizione, alla motivazione, alle
azioni e alle prestazioni degli individui (Sundstrom, 1994).
È possibile affermare che, per
esempio, ambienti di lavoro poco organizzati, poco stimolanti o soddisfacenti riducano di gran lunga le prestazioni del singolo dipendente e dell’intera
azienda (Carnevale, 1992). Inoltre, il benessere del singolo individuo nell’ambiente
lavorativo comporta il suo benessere in ambito familiare, relazionale e, per
estensione, sociale.
Se tutto questo è vero per i contesti
organizzativi in cui vivono ed operano gli adulti, tanto più lo è per la
scuola, e per i bambini e gli adolescenti che vi trascorrono una parte così
significativa della loro vita.
Siamo al contrario convinti
che l’attenzione all’ambiente in cui giornalmente il bambino è inserito
equivale a fornire un ambiente e quindi un clima emotivamente intelligente ed
inclusivo.
D’altra parte, questo non è
un concetto nuovo nella pedagogia: già Maria Montessori sottolineava
l’importanza di un ambiente costruito a misura di bambino in cui possa sentirsi
libero, ma al contempo organizzato in modo da evitare che il disordine degli ambienti
si traduca in un disordine mentale e degli apprendimenti.
Ecco perché un ambiente che
sia al tempo stesso idoneo all’apprendimento ma anche alla realizzazione di
esperienze emotive piacevoli, deve essere al contempo gradevole, organizzato e
flessibile.
Agli alunni va garantita la
possibilità di scambiare punti di vista, esprimere le proprie idee e i propri
pensieri, essere ascoltati, interagire con coetanei e insegnanti condividendo
emozioni e pensieri ed imparando a riconoscere agli altri il diritto di
esprimerle; al contempo, deve essere un ambiente flessibile in cui sia
possibile concentrarsi in attività di studio individuali o in momenti di
lezione frontale.
La trasformazione della
scuola in altre parole, passa necessariamente anche dalla trasformazione degli
ambienti di apprendimento sia, laddove possibile, prevedendo nuove soluzioni di
arredo per le aule, sia con soluzioni “fai da te” a basso costo, scelte co-costruite coinvolgendo tutti gli alunni, che prevedano la coloritura delle
pareti e la riorganizzazione degli spazi in modo tale da rendere la classe uno
spazio emotivo condiviso, un luogo di sviluppo culturale, personale ed emotivo.
arredi della propria aula. Coinvolgere gli alunni in questa presa di decisione potrebbe senza dubbio garantire non solo lo sviluppo di una visione della scuola come luogo in cui avviene l’insegnamento e la formazione, ma anche come posto sicuro e accogliente in cui poter sviluppare i propri interessi, le regole sociali, la socializzazione. Inoltre, esercitare il diritto di esprimersi, di partecipare democraticamente alla presa di decisione, ma anche di rispettare decisioni prese dalla collettività, sono al contempo le prime regole di convivenza civile ma anche di regolazione delle emozioni a livello interpersonale.
Come in ogni “governo” che si rispetti, poi, vi potrebbe essere una turnazione nella posizione di ogni alunno nei banchi così come nella durata di applicazione di determinate decisioni, che potrebbero essere periodicamente rimesse al giudizio degli alunni.
Fattivamente si potrebbe, dunque, prevedere un momento ricreativo durante le lezioni durante il quale i bambini si cimentino nella scelta, nella progettazione e nella realizzazione degli elementi di arredo dell’aula (cartelloni o disegni da appendere alle pareti, disposizione dei banchi, etc.).
Tale iniziativa consentirebbe non solo un miglioramento del senso di autostima e autoefficacia personale, ma rappresenterebbe lo “spazio” entro il quale ogni bambino si misura con le proprie capacità non solo cognitive ma anche manuali e creative, e il luogo entro il quale poter condividere opinioni e idee con gli altri, cooperare e collaborare per la riuscita di un progetto comune.